Insolita migrazione nella campagna di Tombazosana, nei dintorni della riserva della famiglia Riello. In questi giorni sono stati avvistati quattro esemplari di ibis sacro. Si tratta di un uccello migratore dell’ordine dei ciconiformi, cioé delle cicogne, che vive nelle zone umide e calde dell’Africa e non certo in quelle fredde e nebbiose della Bassa. In particolare, l’ibis è diffuso nell’Africa subsahariana e nelle paludi dell’Iraq sud orientale e due specie particolari di ibis sacro vivono rispettivamente nelle isole Seychelles e nel Madagascar occidentale. Delle dimensioni di un gallo, l’ibis è un bellissimo animale e presenta un piumaggio bianco e un lungo becco nero ricurvo, che gli serve per catturare le prede di cui si nutre: insetti, in particolare locuste, cavallette, grilli e coleotteri, ma anche piccoli rettili come rane e lucertole.
La sua caratteristica è quella di avere il collo senza piumaggio, mentre sull’ala presenta un artiglio. Ma forse quello che rende più famoso al mondo l’ibis è che si tratta della prima specie di uccello ad essere stata protetta per legge nella storia finora conosciuta. Nell’antico Egitto infatti, fin da 2.400 anni prima dello storico greco Erodoto, la legge dei faraoni puniva con la morte l’uccisione, anche accidentale dell’ibis, venerato come «uccello sacro».
Gli antichi egizi consideravano l’ibis il simbolo del dio Thoth, il dio della scrittura, dell’arte e della scienza. Gli ibis venivano sepolti insieme ai faraoni. Non solo: nelle tombe di Saqqara sono stati ritrovati un milione e mezzo di ibis mummificati.
Oggi l’ibis in Egitto è un uccello estinto, ma si trovava a queste latitudini fino alla prima metà dell’Ottocento. Le famiglie di ibis egiziani subirono un rapido declino, mentre se ne crearono delle altre a sud del deserto del Sahara.
Eppure sono comparsi nella Bassa. E Igino Falco, nomen omen, è riuscito a fotografarne uno il 27 gennaio scorso in località Foramelle, vicino alle vecchie cave di argilla a Tombazosana. Habitat adatto all’ibis, ma fa freddo e in più in questa stagione c’è scarsità di insetti e rettili di cui si nutre. Dunque, come mai è arrivato fin qui? «È una presenza assolutamente eccezionale. Gli avvistamenti dell’ibis sacro nelle nostre zone è rarissimo: non esiste letteratura in merito alle migrazioni di questa specie in Italia», dice il sindaco, Massimo Fin, che è veterinario, appassionato ed esperto della fauna indigena.
«C’era stato qualche avvistamento dell’ibis nella nostra zona alcuni anni fa, ma poi non si erano più visti», conclude Fin, «ma da alcuni giorni questi esemplari, stanziano tra via Corso e la zona in località Foramelle». Difficile sapere se rimarranno qui a lungo e soprattutto capire come mai dall’Africa, abbiano compiuto un lungo viaggio per arrivare fin qui. C’è da sperare che sopravvivano.
Ci si chiede se mai possa capitare quello che è già accaduto in passato in Egitto? Ossia che il cicognide abbia abbandonato un luogo, l’Africa, per colonizzarne un altro, scegliendo le sponde dell’Adige invece di quelle del Nilo e l’Italia per nidificare. Per ora si tratta solo di mere ipotesi. Si dovrà verificare nei prossimi anni, infatti, se si tratti di un passaggio abbastanza casuale, dettato da mutamenti climatici, oppure l’inizio di una nuova migrazione di intere colonie.
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