"Ripensate al calendario venatorio"

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Lettere
"Ripensate al calendario venatorio"
Caccia e vendemmia: incompatibili
La caccia è aperta. Si può essere d'accordo oppure no. Gli animalisti sono
contrari perché ritengono “barbaro” uccidere animali. Opinione degna del
massimo rispetto se chi la sostiene fa anche scelte di vita coerenti con il
principio: ed infatti molti animalisti sono anche vegetariani, perché il
problema non è solo la caccia, ma l'uccisione degli animali per nutrirsi: la
situazione dell'allevamento e del trasporto di animali è, per questi motivi,
altrettanto argomento di battaglia degli animalisti. La maggior parte delle
persone, però, si nutre anche di carne e lo fa approvvigionandosi in negozi
e supermercati che vendono prodotti provenienti dagli allevamenti. Noi siamo
contrari alla caccia anche per altri motivi. La caccia, dal punto di vista
dell'alimentazione umana, è una pratica preistorica che poteva scomparire
migliaia di anni fa quando nel corso dell'evoluzione l'uomo passò da società
di “caccia e raccolta” a modelli organizzativi stanziali fondati, già nel
periodo Neolitico, sull'agricoltura e l'allevamento.
Nonostante la caccia abbia da allora perso la sua componente originaria,
ovvero il “bisogno di soddisfare la fame”, la pratica venatoria ha
continuato ad esistere fino ai tempi nostri; fino a qualche secolo fa era
principalmente legata ad una radicata pratica degli ambienti montani e
talvolta rurali, ma oggi non è più così: le decine di migliaia di doppiette
autorizzate domenica scorsa dimostrano che la caccia è una pratica amata
anche dagli abitanti delle città. La caccia, in pratica, è diventata solo
un'attività edonistica: si va nei boschi ad ammazzare animali, più o meno
selvatici, per puro divertimento. Così, come per ogni attività edonistica,
dietro alla caccia c'è un business incredibile: dalle armi ai proiettili,
dall'abbigliamento al mercato dei fuoristrada, dalle licenze
all'assegnazione di capi da abbattere, la caccia porta soldi nella tasche
del pubblico e dei privati.
Un'attività di nicchia, perché bisogna potersela permettere dal punto di
vista economico, ha così assunto una straordinaria forza al punto che la sua
attuale regolamentazione offre incredibili privilegi. E qui non è più un
problema di ideologia, se essere d'accordo o meno con la caccia, qui è un
problema di gestione, un problema politico in senso lato. Un problema che
inizia dal poter riempire le nostre valli di specie alloctone come i daini a
danno della fauna autoctona, che “garantisce” di fatto ai cacciatori
privilegi unici come violare le proprietà private e che culmina nella
gestione del calendario venatorio.
Anche quest'anno, infatti, la caccia è stata aperta in pieno periodo di
vendemmia. Domenica mattina, mentre i coltivatori erano intenti a
raccogliere l'uva, a pochi metri (come è capitato a me) i cacciatori
sparavano all'impazzata, vicino al cimitero (domenica mattina!) di un paese
delle nostre colline! La caccia è legale e finché tale rimane ce la dobbiamo
tenere, ma una domanda a chi programma il calendario venatorio viene
spontaneo porla: è proprio necessario far combaciare l'apertura della caccia
con il periodo della vendemmia?
La vendemmia era, e per molti è ancora, un giorno di festa da trascorrere
con la famiglia, a raccogliere il frutto del duro lavoro di un intero anno;
una festa che, a differenza dell'uccisione di animali selvatici, non può
essere rimandata, una festa ed una tradizione che merita il massimo
rispetto. Ma se anche così non fosse, chi ha mai detto che l'affare caccia
sia meno importante dell'attività enologica? Ci pensi chi, dietro a un
tavolino, stabilisce il calendario venatorio senza fare il conto con la vita
concreta e reale delle nostre campagne... A volte (e se possibile!) basta
solo il buon senso.

Danilo Bottiroli
Presidente dell'associazione “Progetto Ambiente”
21/9/2009

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